Imprenditore del settore culturale, co-fondatore della casa editrice Interlinea e oggi alla guida di Ebano, una società all’avanguardia nell’utilizzo del digitale per la formazione a distanza. Carlo Robiglio è nato a Torino, ma il suo Dna è tutto novarese.
Le aziende che ha guidato e che dirige hanno tutte una forte impronta sociale e rispondono a valori precisi: da cosa nasce quest’imprinting etico così marcato?
«Dalla piazza del Sacro Cuore, il luogo della città a cui sono più legato. Dall’oratorio gestito dai frati e da quello che mi hanno trasmesso, ma anche dai compagni di allora che ancora oggi frequento: periodicamente ci rivediamo a cena e abbiamo la nostra “chat dei piazzisti”, un’amicizia che le vicende della vita non hanno mai scalfito».
Che valori le hanno trasmesso piazza e oratorio?
«L’etica del lavoro, la lealtà, la correttezza, la trasparenza in quello che fai».
Qualche personaggio di quegli anni?
«Un nome su tutti è padre Agostino, un animatore straordinario, capace di coinvolgere, che ti prendeva a pedate se era necessario, ma che sapeva trascinarti e infonderti entusiasmo».
Che scuola ha frequentato?
«Il liceo classico San Gaudenzio, al Seminario; avrei dovuto iscrivermi al Carlo Alberto, come mia sorella maggiore, ma io ero più vivace e i miei hanno scelto il Seminario, un’altra scuola di vita».
Fondamentale è stato l’incontro con Roberto Cicala, che ha poi portato alla fondazione di Interlinea: com’è andata?
«Io e Roberto avevamo, abbiamo, due caratteri molto diversi ma complementari: ci ha sempre contraddistinto il grande rispetto reciproco e la passione comune per i libri. Un giorno, all’Università, ci siamo detti che era venuto il momento di fare qualcosa di interessante in campo culturale, ed è nata l’idea della casa editrice di qualità, che avrebbe pubblicato testi che avrebbero arricchito, stimolato culturalmente chi li leggeva».
Suo padre, anche lui grande manager, come ha reagito quando gliel’ha detto?
«Veramente lui non ha mai ben capito cosa volessi fare. Quando gli ho parlato del progetto della casa editrice, è rimasto perplesso: volevo mettermi a fare concorrenza alla De Agostini e alla Mondadori? Si è reso veramente conto del nostro progetto quando abbiamo acquisito la tipografia San Gaudenzio».
Com’è stato fondare a Novara una casa editrice che oggi è diventata un modello nazionale sia per il livello delle pubblicazioni che per la gestione?
«Non è stato semplice, ma abbiamo avuto la fortuna di partire in un periodo in cui avevo interlocutori che, se capivano che il progetto era serio, lo finanziavano: parlo della Banca Popolare di Novara, la Diocesi, il Comune. Il territorio sotto questo aspetto era più ricettivo, ti dava fiducia. Oggi sarebbe più difficile. Noi comunque ci siamo assunti un bel rischio, quello di fare editoria di cultura, impegnata».
Il libro simbolo della casa editrice?
«La Topolino amaranto, un titolo che viene richiesto ancora moltissimo».
La Novara che vede la nascita di Interlinea è quella della fine del secolo scorso: che cosa le manca di più di quella città?
«Probabilmente l’atmosfera di grande intraprendenza e vivacità culturale e imprenditoriale rappresentata da personaggi come Gianfranco Montipò, l’avvocato Correnti, Santino Tarantola, il dottor Borsotti, il farmacista».
Come valuta, sotto il profilo culturale, la Novara degli ultimi anni?
«Molto positivamente, perché sta riuscendo a delineare una propria identità, pur essendo stretta fra Torino e Milano. E non è facile. Eppure quante volte mi è capitato, a Roma o Milano, di incontrare persone entusiaste delle visite alle mostre allestite al Castello: meritoria è l’azione che stanno svolgendo il teatro Coccia o il Circolo dei lettori e, aggiungo volentieri, anche gli sforzi che abbiamo fatto come Interlinea, il rapporto sempre più stretto e collaborativo con le scuole per favorire la lettura e la conoscenza diretta degli autori».
Un sogno per Novara?
«Vedere piazza Martiri trasformata nel grande salotto della città, senza le auto, con la gente che passa senza soluzione di continuità dalla piazza al Castello».
Chi le piacerebbe pubblicare?
«Non tanto uno scrittore già famoso, allora direi Baricco, ma un giovane talento, un nuovo Sebastiano Vassalli: narratore straordinario, con le sue storie è stato un meraviglioso testimonial di Novara e anche di Interlinea».